Mercato delle auto: servono nuove idee

Servono nuove idee per vedere la luce alla fine del tunnel. La caduta del mercato automobilistico italiano non si è arrestata neppure a giugno e i dati ufficiali dei primi sei mesi confermano la necessità di percorrere strade nuove per evitare il tracollo di tutto il settore.

È UN FILM già visto quello a cui stiamo assistendo in questi mesi. Una sceneggiatura scontata che, nonostante non riesca a sorprendere nessuno, risulta in grado comunque di lasciare l’amaro in bocca per il modo inesorabile con cui si dipana, per i numeri spietati che mese dopo mese testimoniano il tracollo di un mercato che solo gli incentivi degli anni scorsi erano stati capaci di mantenere vitale.

Anche il mese di giugno infatti, con le sue percentuali negative a doppia cifra (-24,4%), conferma un ribasso delle vendite destinato a continuare nei prossimi mesi e a posizionare il mercato italiano delle auto su volumi di vendita analoghi a quelli di fine anni ’70.

Le 128.388 unità immatricolate portano il primo semestre dell’anno a chiudere a 814.179 veicoli, pari al 19,7% in meno rispetto al primo semestre 2011 (1.014.299 unità). Per rendere ancora più semplice il concetto è come se in questi sei mesi del 2012 un auto su 5 di quelle immatricolate lo scorso anno (già di per sé privo di riscontri esaltanti) fosse rimasta invenduta, parcheggiata in un enorme deposito di oltre 200.000 vetture che non saranno mai più acquistate da nessuno.

Italiane o straniere, perdono tutte

Dando un’occhiata più approfondita alla tabella sulle immatricolazioni vetture in Italia elaborata da Anfia su dati del Ministero dei trasporti, è facile notare come siano pochissime le case auto che in questa prima metà del 2012 possono vantare numeri positivi rispetto a quanto venduto lo scorso anno. Ed è del tutto sintomatico che siano i marchi che puntano soprattutto su vetture a basso costo (Dacia su tutte, ma anche Kia, Hyundai e Chevrolet) quelli privi di segno meno davanti alla percentuale di immatricolazioni semestrale. Le poche auto vendute sono soprattutto le meno impegnative per le tasche degli italiani anche, se non soprattutto, sotto l’aspetto dei costi di gestione. Poi sono positive anche Land Rover e Jeep, costruttrici di vetture di livello più alto, ma con numeri talmente piccoli che incidono davvero poco sul totale del mercato.

Dopodiché, il deserto, una lunga lista di percentuali negative, molte superiori al 20%, altre fra il 30% e il 50%, senza distinzione fra auto italiane e auto straniere. Insomma un’ecatombe che finirà, secondo le facili previsioni di molti analisti, per portare alla chiusura di moltissimi concessionari, ma non solo. Fa pensare la dichiarazione di Sergio Marchionne secondo cui, se questa tendenza negativa non migliorerà nei prossimi due o tre anni, ci sarà una fabbrica di troppo per Fiat in Italia. Un ulteriore duro colpo per l’occupazione nel nostro paese. E con il periodo economico che stiamo vivendo è davvero difficile essere ottimisti su questo fronte.

Fra il dire e il fare…

La recessione che ufficialmente è stata rilevata da alcuni mesi, ma che in realtà permane nel nostro paese da diverso tempo, non poteva avere nessun altro tipo di conseguenza per il settore auto se non una contrazione che difficilmente riuscirà a garantire il superamento di quota 1.400.000 automobili immatricolate alla fine del 2012.
A questi dati previsionali si aggiunge il fatto che la parvenza di ottimismo di chi vede nelle ultime manovre del Governo e nelle decisioni a livello europeo i primi passi in direzione di una ripresa economica, si scontra con la dura realtà della divergenza fra i cosiddetti “provvedimenti per la crescita” e quelli per “politiche industriali” capaci per davvero di portare aria nuova. A oggi, purtroppo, questo non è avvenuto e siamo ben lontani da interventi che puntino in maniera decisa alla semplificazione burocratica, alla riduzione dei costi dell’energia, alla semplificazione della fiscalità e all’allargamento delle maglie del cosiddetto credit crunch.

Aspettative disilluse

Secondo gli operatori del settore, per dare respiro al mercato auto, nel breve termine si dovrebbe puntare soprattutto all’alleggerimento della fiscalità, incominciando da comparti specifici come le auto a basse emissioni e le auto aziendali, in grado di dare i primi segnali di inversione di tendenza. Di tutto questo non si hanno a oggi notizie, se non il provvedimento di iniziativa parlamentare sull’auto elettrica e i veicoli a basse emissioni di CO2; provvedimento giudicato insufficiente da Federauto, la federazione italiana concessionari auto, che lo ritiene addirittura controproducente in quanto in grado solo di far sprecare denaro pubblico.

L’Unrae, l’associazione che rappresenta le case straniere operanti sul mercato italiano delle autovetture, da parte sua, evidenzia come la congiuntura stia colpendo duramente soprattutto gli acquisti da parte delle famiglie (-23% nei sei mesi, con una quota calata al 63%), mentre per ora tengono meglio le auto aziendali (-16%) e i noleggi (-9%). Si tratta in ogni modo di una domanda totalmente anelastica rispetto agli sforzi promozionali di case e concessionarie e la stessa Federauto avverte che l’ampio ricorso alle auto-immatricolazioni e alle chilometri zero ha smorzato in parte il crollo di giugno. Con la conseguenza quindi che i dati effettivi, al netto di queste attività, sarebbero ancor più tremendi in tutto il loro realismo.

Per tutto questo risulta estremamente complicato vedere la luce in fondo al tunnel, anzi. Le stime ufficiali Istat illustrano un clima di fiducia dei consumatori in continuo calo (da 86,5% a 85,3%) mentre cresce la quota di coloro che si aspettano aumenti di disoccupazione. Una tenaglia micidiale.

Dati che fanno pensare

Ma se è vero, come è vero, che in Italia, con 36 milioni di vetture (pari al 17% del parco circolante europeo a fronte di una popolazione che è solo il 7% circa di quella continentale) l’indice di motorizzazione è il più alto del continente (Lussemburgo escluso), è quanto meno improbabile ritenere che nei prossimi anni, anche a fronte di una inverosimile ripresa economica, si possa ritornare a vendere 2 o più milioni di vetture con lo scopo precipuo di rinnovare il parco circolante stesso. Il nostro record di automobili produce per ora solo un record di congestione del traffico che, secondo molti esperti, ci costa l’1% del Pil, proprio quel Pil sulla cui crescita puntano tutti i settori dell’economia, auto compresa, per garantirsi un futuro un po’ meno fosco.

Autobus, commerciali e camion a picco

Il pesante rallentamento del mercato italiano segna anche i veicoli commerciali, industriali e gli autobus. Secondo i dati Acea, infatti, in Italia il comparto nel suo complesso fa registrare a maggio un calo di ben il 42,4% contro il 37,9% dei primi cinque mesi dell’anno. Siamo di fronte quindi a un netto peggioramento che indica in maniera sempre più inequivocabile che non solo la situazione di questo mercato è pesante, ma che è in atto una tendenza a un ulteriore aggravamento, specchio fedele della crisi economica di quasi tutti i settori dell’economia oltre che delle enormi difficoltà in termini di investimento soprattutto delle piccole e medie imprese italiane del mondo dell’autotrasporto. La contrazione più pesante è quella degli autobus che accusano un calo del 53,8% in maggio e del 30,9% nei primi cinque mesi, mentre le vendite dei veicoli industriali diminuiscono del 43,9% (nei primi cinque mesi -31,9%) e quelle dei veicoli commerciali fino alle 3,5t chiudono il mese di maggio con un -41,9%.

La scommessa dell’ auto elettrica

Un settore in crescita, senza dubbio, ma ancora lontanissimo dai numeri necessari a sostenere il mercato auto nel suo complesso. È questa in estrema sintesi la situazione attuale del settore delle auto elettriche in Italia, un comparto con molte aspettative (c’è chi spera addirittura in una crescita nei prossimi 15 anni fino al 10% delle vendite totali) ma che, guardando in faccia la realtà, ha fatto segnare in tutto il 2011 poco più di 5mila contratti per le auto ibride, mentre le elettriche si sono fermate a meno di 300. Le incognite sono dunque tante, però l’argine è rotto e, di fatto, l’offerta di auto che puntano al massimo della riduzione di consumi ed emissioni inquinanti rappresenta la novità tecnica e, in prospettiva, commerciale più interessante degli ultimi tempi.

Fonte >>> www.pneurama.com


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